La scuola è finita… anche quest’anno!

Quest’anno scolastico per infanzia e primaria è stato l’anno più difficile.

Si molto più difficile dello scorso anno!

Lo scorso anno, il lockdown vero, più duro, ha permesso ai bambini di avere maggior tempo passato in casa con mamma e papà, di beneficiare di tempi più rilassati, senza la frenesia quotidiana di sempre. Certo sono mancati i nonni, gli amici, sono mancate le gite di gruppo, i cinema e i parchi affollati… ma, per qualche mese, dei benefici ci sono stati. 

Molti genitori mi raccontano, durante l’incontro iniziale, che durante il lockdown sembrava che i bambini stessero molto meglio…

Poi è arrivata l’estate, e, nonostante sia stata un’estate molto diversa dalle altre, si è potuta respirare una normalità, anche se strana e “mascherata” …

Poi è ricominciata la scuola… 

La scuola però era proprio tanto diversa!!!

Non so se vi siete resi conto di quanto, per un bambino della primaria, sia stato difficile ricominciare, riprendere la consuetudini, gli orari, ricominciare a star seduti per tanto tempo. 

Le maestre e i compagni erano a portata di sguardo, ma non si poteva scorgere un sorriso, né avere un contatto di alcun tipo. 

Non so se avete visto le educatrici della scuola dell’infanzia del vostro bambino con i suoi occhi: mascherina, camice e visiera mettevano una reale barriera tra loro e gli adulti. 

La quotidianità, che nel primo rigido lockdown si era interrotta, adesso era tangibilmente modificata…

Lo scorso anno i bambini, spesso protetti dalle terribili notizie sulla pandemia, hanno vissuto una sorta di avventura, la scuola si faceva a casa, dal computer “come i grandi”, il pranzo lo preparava la mamma, e il soggiorno poteva essere messo a soqquadro, senza troppi richiami, anche le regole di sonno e sveglia erano meno rigide….

Certo dopo qualche mese erano stanchi e provati (sempre meno dei loro genitori!), ma l’estate prometteva bene per tutti…

Questo è stato l’anno scolastico della rassegnazione, è stato l’anno dell’interrogativo “Non finirà mai?”, “sarà così per sempre?”…

Poi, però, i bambini ci hanno stupito (lo fanno sempre)… 

Si sono adattati, hanno ritrovato una loro normalità, una loro routine, un loro modo di affrontare la nuova scuola.. 

Adesso è finito un anno scolastico che mai avremmo previsto, difficile e sorprendente. 

Dite loro che sono stati bravi, che sapete che quest’anno è stato molto diverso, forse più difficile, e che ora si meritano un riposo da supereroi… 

Ci sono stati parecchi eroi in questo periodo, in pochi hanno pensato ai bambini, piccoli grandi supereroi che hanno lasciato un anno di spensieratezza tra il 2020 e il 2021, che sognano di diventare “dottori che fanno il vaccino”, oppure di “lavorare al computer come mamma e papà” e che conoscono tutte le regole igieniche e che sanno che le maestre non hanno potuto dare loro il bacio sulla bua senza mascherina, e, nonostante tutto ciò, non hanno fatto i capricci!

Se un adolescente non vuole andare in terapia…

L’ultima volta che ho scritto dei miei amati adolescenti, vi ho parlato di tutti quei segnali a cui bisogna fare attenzione e che potrebbero celare un disagio e il bisogno di essere ascoltati…

Se sentite di aver bisogno di uno specialista che comprenda meglio vostro figlio, procedete un passo alla volta…

Scegliete un terapeuta con una formazione specifica per adolescenti, non sono adulti e perciò hanno bisogno di avere uno spazio adatto alla loro età, con un professionista che conosce la ciclicità e la variabilità delle loro emozioni e dei loro comportamenti, che saprà adattare il proprio setting a questa particolarissima e impegnativa fase della vita, e che saprà scorgere il bambino che c’è in loro. 

Scoprite, insieme al terapeuta, se quello che sospettate e di cui avete paura può davvero nascondere un disagio più profondo e lasciate che vi consigli il comportamento più efficace da adottare.

Vi rimando all’articolo “Lo psicoterapeuta infantile: sai chi sono?” se volete conoscere le modalità con cui vostro figlio inizierà un percorso terapeutico.

Naturalmente un adolescente difficilmente giocherà con bambole e trenini, ma potrà lasciarsi andare più facilmente in uno spazio decisamente meno informale di uno studio di psicoterapia per adulti. Potrà accadere che inizierà parlando del tipo che le piace o dei commenti sotto l’ultimo post di instagram; potrà presentarsi vestito completamente di nero o chissà che altro…

Esattamente come il gioco per i bambini, i social, il modo di vestire, il corpo, il loro particolare vocabolario, sono il loro modo di comunicare, di esprimere il loro disagio e le loro emozioni…

Un terapeuta adolescenziale saprà su cosa soffermarsi e saprà coglierne i significati profondi…

Esattamente come per i più piccoli, anche per gli adolescenti vale la regola che porta in terapia tutta la famiglia, genitori spaventati, sconfortati, stanchissimi, avranno il loro spazio e le loro rassicurazioni dal terapeuta, proprio come i loro figli arrabbiati, annoiati, ansiosi… 

Non si può pretendere che un adolescente cambi comportamento se nulla intorno a lui si modifica: la famiglia è un sistema e, in quanto tale, per ottenere un cambiamento ogni parte del sistema dovrà ritrovare un equilibrio perduto. 

Ora… se il ragazzo chiede o risponde subito positivamente all’idea di iniziare un percorso di psicoterapia, siamo a cavallo: esattamente come per i bambini, prima parlerò con voi per comprendere meglio le dinamiche familiari, l’anamnesi del ragazzo e le differenti visioni del problema di entrambi i genitori. Poi vedrò il ragazzo ed eventualmente gli insegnanti… 

Il nostro percorso inizia…

Ma cosa fare se il ragazzo si oppone fermamente al farsi accompagnare in un percorso terapeutico?

Innanzitutto, come regola generale, anche quando il ragazzo non vuole incontrare uno psicoterapeuta, nonostante, secondo voi, ne abbia bisogno, contattate comunque voi lo specialista.

Vi spiego meglio: uno psicoterapeuta ascolterà le vostre perplessità e le vostre paure e vi darà il giusto sostegno genitoriale per iniziare a modificare delle dinamiche familiari che sicuramente porteranno ad un miglioramento della situazione; inoltre valuterete insieme qual può essere il modo migliore per aprire la possibilità di una terapia nel vostro adolescente. 

Adesso cercate, insieme allo specialista, di comprendere il vero motivo per cui è così contrario alla terapia.

Potrebbe accadere che il ragazzo non senta quello che a voi preoccupa, come un suo problema; in questo caso potreste chiedergli di parlare con il terapeuta, che vi sta aiutando ad essere genitori migliori, per dare il suo punto di vista completando così la visione dell’intero sistema familiare. 

In questo modo scoprirà che vi state mettendo in discussione voi per primi come genitori, che non è lui il problema, o, peggio, il malato. Sentirsi parte attiva nel processo di cura sarà molto più motivante per il ragazzo che forse si sentiva additato come il diverso della famiglia. 

Potrebbe accadere che si senta spaventato, non sapendo cosa accade in una seduta di terapia; potreste perciò, insieme al terapeuta, trovare il modo migliore per descrivere cosa accadrà in un primo incontro, dandogli la possibilità di provare con un solo incontro iniziale senza impegno. 

Potrebbe accadere che sia terrorizzato alla sola idea di aprire il vaso di pandora delle sue emozioni, magari ha un tale garbuglio dentro che rifiuta anche solo l’idea di iniziare a sbrogliarlo; in questo caso potreste proporre un solo incontro e poi magari incontri quindicinali in modo da presentargli un impegno meno gravoso e più facile da gestire per lui…

Potrebbe accadere che proprio non riusciate a convincerlo: va bene così!

Non trasformate anche questo in motivo di attrito tra voi, prendetevi il vostro tempo, restate in ascolto e continuate ad osservare, siate protettivi quanto basta e contenitivi delle sue emozioni. Potreste continuare con qualche incontro con il terapeuta, più diradato nel tempo, in modo da continuare a gestire le vostre paure e la vostra rabbia, senza minare ulteriormente il rapporto co il ragazzo. Sporadicamente riproponetegli di poter parlare con lo psicoterapeuta, magari lasciategli i recapiti dello specialista che avete trovato o chiedete a lui se ha sentito parlare di qualche altro specialista che potrebbe aiutarlo meglio… sentire che è una sua scelta e non un’imposizione genitoriale potrebbe portare ad un risultato positivo. 

Abbiate fiducia nella vostra capacità genitoriale e date fiducia a vostro figlio, parlate con loro e soprattutto ascoltate….

Lo psicoterapeuta infantile: sai chi sono?

Ho studiato tantissimo per imparare a giocare con bambole, trenini, matite e colori!

Proprio così… ma cosa ho studiato e come gioco con i bambini?

La formazione dello psicoterapeuta infantile:

Innanzitutto ci tengo a precisare che lo psicoterapeuta infantile è uno psicologo che ha poi intrapreso una specializzazione specifica in psicoterapia infantile, oppure, come nel mio caso, in psicoterapia generale e poi ha frequentato un master ulteriore in psicoterapia infantile. Inoltre ha effettuato un tirocinio specifico nell’infanzia. 

La psicoterapia infantile è molto diversa dalla psicoterapia per adulti, e, se è vero che uno psicoterapeuta infantile, che ha anche una formazione per l’età adulta, può occuparsi di un paziente adulto, riscoprendo il bambino che è dentro ognuno di noi e comprendendo come aiutarlo, non è vero il contrario!

Uno psicoterapeuta che non ha una formazione specifica per l’infanzia, né un’esperienza relativa, difficilmente avrà gli strumenti necessari per ascoltare quello che un bambino esprime attraverso il suo comportamento, il gioco e i suoi silenzi, e, ancor più difficilmente saprà sostenerlo e aiutarlo come merita. 

(Qui trovate il mio percorso ad esempio: http://www.alessandra-simone.it/di-cosa-mi-occupo/).

La stanza dello psicoterapeuta infantile:

Lo psicoterapeuta infantile è quindi uno psicologo che ha imparato a giocare, a disegnare, a manipolare il didò, a raccontare favole, e ha imparato ad ascoltare il bambino attraverso tutto questo.

Perciò la stanza dello psicoterapeuta infantile dovrà avere tutto questo:

Colori di vario tipo, fogli, casetta per le bambole, materiali manipolabili (come sabbia plastilina, creta…), animali, trenini e macchinine, libri, giochi simbolici, giochi da tavolo, uno specchio… 

Tutto questo aiuterà il bambino a rilassarsi dopo un primo, sanissimo, timore iniziale; ma aiuterà il terapeuta a comprendere meglio il bambino attraverso la scelta di giochi, materiali ed espressività. 

Detto ciò, inizia il nostro percorso insieme…

Il primo contatto:

Quando un genitore mi contatta per la prima volta è generalmente molto preoccupato, spesso spaventato, a volte arrabbiato o triste perché non capisce cosa sta accadendo al suo bambino.

Spesso sono le maestre a far notare il problema a i genitori, altre volte il bambino è difficile da gestire a casa, o mamma e papà si accorgono che c’è qualcosa che non va e vogliono aiutarlo.

È importante che i genitori si sentano accolti e compresi e, soprattutto, non colpevolizzati. 

Spesso ci si sente soli quando un figlio mostra delle difficoltà, e ci si sente in colpa…

È importante che sappiate che lo psicoterapeuta infantile non ricerca colpevoli, né malattie… 

Non ricerca cosa non va, ma cosa può andare meglio!

Il primo colloquio:

Ogni psicoterapeuta ha un suo modo di affrontare il percorso terapeutico, perciò quello di cui vi parlerò adesso è quello che accade con me…

Per me è importantissimo vedere entrambi i genitori prima di vedere il bambino. In questo primo incontro approfondiremo insieme come il problema è visto da entrambi i genitori, cosa ne pensano del possibile percorso che il bambino intraprenderà e l’anamnesi del bambino: gravidanza, parto, infanzia, scuole, modalità comportamentali e peculiarità familiari, particolari eventi che hanno contraddistinto la famiglia… Tutto è importante per comprendere al meglio il bambino. 

Ma la cosa più importante di questo primo incontro per voi genitori è comprendere chi sono, decidere se darmi fiducia e sentirvi accolti e non più soli in questo momento.

Per il bambino è importantissimo quello che i genitori sentono e pensano: se sentirà che mi avete già conosciuta e che vi fidate di me, anche lui si affiderà e questo aiuterà tantissimo il percorso insieme…

Durante il primo colloquio parleremo anche di come preparare il bambino al nostro incontro, in modo specifico per lo specifico bambino. 

Generalmente nell’incontro con i genitori chiederò cosa piace al bambino, se ama disegnare o giocare con le macchinine o con le bambole, in modo da proporglielo durante il nostro primo incontro… 

Fino ai 6 anni potreste preparare il bambino spiegandogli che non sono un dottore come gli altri, non curo tosse o raffreddore, ma che mi occuperò di capire perché è un po’ arrabbiato o triste o non gli va di mangiare o qualsiasi altra cosa lo stia turbando al momento…

Potreste anticipargli che da me si gioca e si disegna, non gli farò punture e non gli darò medicine amare…

In età scolare potreste dire al bambino che sono una persona che lo aiuterà a capire cosa c’è che non va e che aiuterà lui e voi a stare meglio insieme… 

Il primo incontro con il bambino:

Durante il primo incontro con il bambino sarà necessario rassicurare i suoi timori legittimi; insieme esploreremo l’ambiente, e scoprirà le “regole” del nostro percorso: è importante che sappia che quello che accade nella mia stanza sarà custodito da parte mia, e che se c’è qualcosa che dovrò dire a mamma e papà prima ne parlerò con lui o lei. Seconda regola è che nella mia stanza potrà usare e fare tutto quello che vuole, l’importante è che non si metta in pericolo e che a 5 minuti prima della fine insieme riordiniamo tutto. 

Il gioco, il disegno, sono i modi in cui il bambino esprime e comunica le sue emozioni e i suoi bisogni, perciò è quello che faremo insieme…

Durante il primo colloquio potrebbe essere importante per il bambino che i genitori entrino in stanza insieme a lui… è giusto così, non sentitevi sotto esame… dobbiamo comprendere insieme cosa è meglio per tutti…

La stessa barca:

Un terapeuta che si occupa di bambini non prende in cura solo il bambino, ma si occupa di accogliere su una barca tutte le figure intorno a quel bambino: genitori, insegnanti, tate, nonni, fratelli e sorelle… 

Il bambino passerà solo un’ora a settimana con il terapeuta: la vera “cura” avverrà solo se il contesto in cui è inserito saprà come accogliere al meglio i bisogni e le espressioni di quel bambino.

Perciò non esitate a telefonare al terapeuta che ha in cura il bambino per dubbi o problemi che si presentano in settimana; inoltre potrà essere importante incontrare le insegnanti per comprendere meglio come il bambino si relaziona in un altro contesto.

La restituzione:

Dopo qualche incontro con il bambino probabilmente incontrerò di nuovo voi genitori per definire insieme quale potrà essere il percorso da fare con il bambino, gli obiettivi ed eventuali iniziali miglioramenti in famiglia o a scuola. 

In alcuni casi potrebbe essere necessario consultare altri professionisti, come il logopedista o lo psicomotricista o il neuropsichiatra infantile per avere tutti gli strumenti per aiutare il bambino. 

Potrebbe accadere, specialmente se i bambini sono molto piccoli, o se il bambino non vuole venire da me, che io veda il bambino solo sporadicamente, e che invece incontri voi genitori con frequenza settimanale: in questo modo si dice che la terapia sul bambino è distale, cioè modificando e migliorando delle modalità genitoriali agirò “a distanza” anche sul comportamento del bambino…. È importante che abbiate ben presente che non si tratterà di una terapia personale per voi, ma di un miglioramento della genitorialità di cui beneficerete tutti!

È importante sottolineare che al timone di questa barca ci sarà il bambino!

Cosa voglio dire con questo?

Tutti rispetteremo i tempi del bambino… ci sono bambini che hanno bisogno di qualche incontro prima di pronunciare le prime parole, altri saranno presi dal contesto e solo dopo affronteranno il problema, altri non percepiscono quello che per voi è un problema come un suo problema, altri ancora sembreranno migliorare miracolosamente e sarà importante dare loro un tempo per stabilizzare il miglioramento e verificarlo nel tempo…

Le tempistiche di una psicoterapia infantile generalmente sono nell’ordine dei mesi, non degli anni, ma sarà la valutazione del singolo bambino a definire anche questo. 

So che è dispendioso sia economicamente sia praticamente accompagnare un bambino in terapia, ma fidatevi e affidatevi, il momento opportuno per interrompere arriverà, e una buona chiusura di terapia con il bambino rafforzerà tutti i risultati raggiunti durante l’intero percorso, non abbiate fretta perciò!

Quando portare un bambino in psicoterapia?

Questo disegno l’ha fatto una mia piccola paziente per rispondere alla mia domanda “come mai ti hanno portato qui, mamma e papà?”

Era esattamente così che si sentiva: un po’ grigia, sotto una nuvoletta antipatica che faceva piovere pensieri grigi, all’interno di un’altra nuvoletta rossa-rabbia…

Pensiamo che l’infanzia è il periodo più spensierato della vita, che i bambini non possono avere pensieri inquietanti, o che se li hanno sono “cose da bambini”… 

A volte è così: è solo un brutto sogno… 

Ma a volte le nuvole diventano sempre più grandi, con il passare del tempo, e la pioggia è sempre  più fitta, e il bambino si costruisce altre nuvole rosse di rabbia o nere di paura o grigie di tristezza.

Un bambino in questa situazione non è un bambino felice…

Quindi la prima risposta alla domanda del titolo è: un bimbo va portato in terapia quando non sembra provare gioia!

Premessa numero 1: la maggior parte dei bambini non ha bisogno di un percorso di psicoterapia…
Premessa numero 2: portare un bambino in terapia non vuol dire che siete dei cattivi genitori, anzi… vuol dire che siete genitori attenti e che ascoltano le emozioni dei loro bambini…

Nelle prossime settimane affronterò un po’ di interrogativi circa la psicoterapia infantile, un mondo sconosciuto a molti, e perciò pieno di miti e leggende, spesso false…

Oggi iniziamo con il capire quando e perché contattare uno psicoterapeuta infantile…

Avete ragione nel dire che l’infanzia DEVE essere spensierata e felice, ma cosa vuol dire nella pratica e nel quotidiano? 

Un bimbo che piange non è felice?

Ovviamente no!

Se un bimbo ha un brutto pensiero, ha litigato con il suo compagno di scuola, ha detto una bugia, ha fatto male alla sorellina, ha fatto un brutto sogno… è un bambino SANO! Soprattutto è UN BAMBINO…

Un bambino può essere rassicurato da mamma e papà, e può, anzi deve credere, che Super Mamma e Super Papà lo proteggeranno da tutto e tutti… 

Un bambino deve sapere che può essere arrabbiato, senza sperimentare che la sua rabbia sia distruttiva per sé o per gli altri…

Un bambino sa che quando è triste può correre tra le braccia di mamma e papà e sarà consolato… 

Man mano che cresce, un bambino troverà altri adulti che lo proteggeranno, ascolteranno la sua rabbia e lo consoleranno: la maestra, la nonna, il nonno, una zia, un fratello maggiore e, più avanti con l’età, un amico…

A volte tutto questo non c’è…

A volte la rabbia di un bambino è talmente tanta che fa male ad altri bambini, o alle maestre, ma, più di tutto, fa male a sé stesso… potrebbe vedere negli occhi degli altri paura nei suoi confronti, e sentirsi terrorizzato da se stesso, e reagire con altra rabbia per difendersi…

A volte la tristezza di un bambino non gli permette di affrontare il mondo in cui vive, e porta nel suo mondo grigio tutta la famiglia… 

A volte la paura di un bambino non gli permette di fare le esperienze sane per la sua età, ci esplorare e conoscere il mondo, e nulla e nessuno riesce a rassicurarlo… 

Questo ci porta ad un’altra risposta alla mia domanda: 

un bimbo va portato in terapia quando rabbia, paura o tristezza, invadono molti o tutti gli altri campi della sua vita: 

quando non riesce ad andare a scuola perché prova paura e ansia, o non riesce a giocare con altri bambini a causa della sua rabbia, o non riesce a giocare, disegnare o creare a causa della sua tristezza…

Ma perché far iniziare un percorso terapeutico ad un bambino?

La prima cosa che ci tengo a dirvi è che voi genitori siete i maggiori esperti di vostro figlio, voi l’avete conosciuto da prima che nascesse, da quando ha mosso i primi passi, dal primo giorno di nido, durante le vacanze e durante la notte e la cena… Istintivamente sapete quando c’è qualcosa che non va, dovete fidarvi di quell’istinto… A volte però l’istino viene offuscato dalla vita frenetica e dai nostri problemi personali…

Perciò…

Quando notate un cambiamento nel vostro bambino, cercate di osservarlo, di parlare con lui, di giocare con lui e stargli accanto, scoprirete se c’è qualcosa che non va…

A volte siamo presi nella nostra vita adulta e non prestiamo la giusta attenzione ai bambini, perciò, se vi accorgete che vi sta accadendo questo, o se qualcuno (maestra o la tata o qualcun altro che conosce il bambino in altri contesti) vi fa notare cambiamenti improvvisi e duraturi del piccolo, fermatevi un attimo e prendetevi il giusto tempo per stare accanto al vostro bambino… 

Se voi genitori state attraversando un cambiamento, un divorzio, un trasloco, un lutto, ma anche una nuova relazione, o un nuovo lavoro, sappiate che i bambini ci osservano e assorbono ogni nostra emozione, perciò cercate di capire se ne sta risentendo…

Capita che, a volte, per vari motivi, il bambino non manifesti il comportamento problematico in tutti i contesti, perciò non rimandate al mittente le perplessità delle maestre senza porvi le dovute domande, oppure non vi meravigliate se a scuola non mostra ciò che vi preoccupa a casa…

Osservate se ha difficoltà nel sonno o nella cena, se ha mostrato aggressività frequente e verso chi, se è diventato difficile portarlo a scuola a causa di mal di pancia o mal di testa sempre più frequenti, se è spesso triste e inconsolabile… 

I bambini manifestano con il corpo quello che gli adulti esprimono a parole, perciò il loro malessere si manifesterà grazie al corpo, all’inappetenza o all’insonnia… ascoltatelo!

Se un bambino poi chiede esplicitamente di andare da un dottore perché ha brutti pensieri, avete il dovere di rispettare la sua richiesta e correre a telefonare ad uno psicoterapeuta infantile!

Adolescenti e trasloco

Inizio con una cruda verità: non vi renderanno facile nulla!!

Per gli adolescenti lo spazio è identità: 

La loro stanza contiene tutto ciò che ritengono sia necessario è indispensabile per vivere: il mega computer per i videogiochi, il poster del cantante preferito, il biglietto della migliore amica sul comodino… ogni angolo, ogni oggetto, ogni cosa presente è stata messa lì per definirsi. 

Il loro quartiere contiene tutto ciò di cui hanno bisogno per gestire la tanto agognata autonomia: gli amici a portata di isolato, il punto d’incontro del gruppo in cui trovare sempre qualcuno, il Mc Donald’s, la palestra e tutto il necessario per fare a meno dei malefici genitori…

Un giorno prenderete il vostro ragazzo o la vostra ragazza da parte e comunicherete che a breve traslocherete… 

SBAM!! La porta sbattuta è il minimo sindacale che dovrete accettare…

Vanno nella loro stanza, provano rabbia e tristezza e paura probabilmente. Iniziano a pensare che la loro vita sparirà di colpo: inizieranno ad immaginare addii memorabili ad amici e alle prime cotte, inizieranno a immaginare il luogo in cui andrete ad abitare (non importa quale sarà…) come orribile, con amici antipatici e scuole difficilissime e una stanza brutta e spoglia…

Per il momento non potete far nulla, lasciateli stare per un po’, dite solo che, quando se la sentiranno, ci tenete a parlare con loro. Lasciate che immaginino lo scenario più orribile che esista…

Quando riappariranno per cena, raccontate qualcosa in più: che anche per voi sarà difficile lasciare quella casa, che avete passato dei bei momenti lì dentro e che cambiare è sempre un po’ faticoso. 

Spiegate i motivi del trasloco, senza dare troppo spazio alla possibilità di restare nella vecchia casa: troverebbero ogni minima obiezione al trasloco e la discussione si trasformerebbe in un inutile dibattito politico. Spiegate che è stato necessario cambiare lavoro e quindi città o quartiere, oppure che la casa in cui siete non soddisfa più le vostre necessità e cercherete una casa più grande, ecc… siate sinceri e non troppo prolissi, poche semplici indicazioni basteranno. Mostrate loro, senza troppo entusiasmo (che striderebbe con la loro tristezza), i vantaggi che potrebbero riguardarlo: un nuovo lavoro, magari con uno stipendio più alto, potrebbe permettere maggiori possibilità di shopping, più comodità; una casa più grande potrebbe finalmente portare ad avere la stanzetta lontana dai fratelli tanto desiderata… Spiegate che non state indorando la pillola, ma chiedete solo di considerare anche questi aspetti… la loro mente farà il resto e inizieranno a dare delle sfumature a tutto quel nero che vedono adesso. 

La ricerca della casa:

A differenza dei più piccoli, non sarà semplice farvi accompagnare a visionare i possibili immobili, detesteranno ogni cosa che ricorderà il cambiamento… però, c’è un però: è la generazione più digitalizzata mai esistita, chiedete loro di fare delle ricerche sul quartiere, sulle possibili scuole, sui possibili sport presenti… naturalmente a tempo perso, potranno anche cercare qualche annuncio che piace a loro e proporvelo, sarete felici di andare a vederlo… non forzateli, non arrabbiatevi se non faranno nulla di tutto ciò, siate molto grati se lo faranno… è una possibilità, se la colgono meglio per tutti, se no si passa al punto successivo.

La scelta della casa:

Se non vi hanno voluto aiutare, se non ne hanno voluto sapere nulla, va bene… ma la casa è stata scelta!

Come comunicarlo a loro? Raccontate i perché dietro la scelta, raccontate in che modo avete pensato a loro: ad esempio, avete scelto la casa più vicina alla loro scuola, oppure la casa con la stanza per loro più grande o più luminosa, oppure quella più vicina alla metro, in modo che possano andare da soli in centro… ecc…

Spiegate cosa accadrà adesso: lascerete che finiranno l’anno scolastico e poi vi trasferirete, oppure c’è una data precisa in cui dover lasciare la vecchia casa e quindi spiegate loro come pensate di agire rispetto alla scuola e i professori. Prendete l’impegno solenne di fare qualche sacrificio iniziale per accompagnarli dai loro amici nel vecchio quartiere e con quale cadenza questo sarà possibile… 

Siate pratici e concreti, non aspettatevi ringraziamenti o cambiamenti di umore in positivo.

L’arredamento

Chiedete loro di scegliere insieme il mobilio, il colore delle pareti, delle tende… oppure di inviarvi qualche link con quello che piacerebbe a loro. Se non vorranno partecipare, fate un respiro profondo, contate fino a dieci e comunque chiedete il loro parere prima di qualsiasi cosa sceglierete di mettere nella loro stanza… Capirete la differenza tra un no schifato e perentorio e un nopossibilista, detto solo per protesta…

Il trasloco… 

Date loro un tempo entro il quale dover imballare tutto, chiedete se vogliono inscatolare le loro cose da soli o se vogliono un aiuto o se preferiscono che lo facciate voi… non chiedete di buttare via nulla, non è il momento… si porterebbero via le pareti se potessero!

Nella nuova casa…

Fate fare a loro! Segnate i suoi scatoloni e lasciateli nella loro stanza… Ci vorranno mesi per togliere tutto, ma pian piano cercheranno quello che serve e lo posizioneranno nel luogo che è più congeniale a loro. CI sarà qualche urlo ogni volta che non troveranno qualcosa o che “la vecchia camera era più comoda!”… Va bene così…

La nuova scuola, il nuovo quartiere, la nuova città…

Se possibile chiedete ai genitori di qualche loro amico stretto del vecchio quartiere di “prestarvelo” per un week end… sarà più semplice andare ad esplorare la zona con una persona già conosciuta e fidata… e magari inizierà a conoscere qualcun di nuovo… Parlate spesso con i professori, cercate di capire come si rapporta nella nuova scuola, parlate con i ragazzi… ribadite che anche per voi è un po’ complicato riadattarsi ed è lecito essere arrabbiato o tristi o spaventati… offritevi di accompagnarlo dai vecchi amici quando potete. Concedete qualche libertà in più e qualche regalo in più…

È un’esperienza delicatissima in questa fascia d’età…

Troverete facilmente studi sull’incidenza di patologie mentali dopo un trasloco in adolescenza, e scoprirete sulla vostra pelle quanto possono essere duri e insopportabili i vostri figli. Perciò è una decisione che va prese ponderando bene ogni alternativa e solo se proprio necessaria, quando i ragazzi hanno tra gli 11 e i 19 anni… 

Detto ciò con enorme pazienza e autocontrollo sarà possibile uscirne dopo parecchio tempo… 

Se notate un eccessivo isolamento sociale, oppure un’espressione della rabbia eccessiva e pericolosa, come sempre, rivolgetevi ad un professionista, saprà darvi qualche dritta sul gestire meglio la situazione e saprà ascoltare e accogliere le emozioni in subbuglio dei ragazzi…

In bocca al lupo!

Un libro per affrontare il trasloco

SCIOPERO IN FAMIGLIA 

 di Chiara Lossani

edito da Giunti 

Con questo libro anticipo un po’ l’argomento del prossimo articolo: Adolescenti e trasloco

Stella ha 11 anni, le piace molto il suo quartiere, dove ha le sue amiche e il suo amore, Massimiliano.

Un giorno i suoi genitori scombinano tutti i suoi piani decidendo di trasferirsi…

Nessuno si preoccupa di chiederle un’opinione. 

Per Stella la nostalgia diventa sempre più grande, la pallavolo, le amicizie e il primo batticuore.

Insieme alla nostalgia però cresce anche tanta, ma tanta rabbia per questa ingiustizia, subita da quei due egoisti di mamma e papà!

Stella decide di “scioperare”: niente più baci o coccole, nessun aiuto in casa, nulla di nulla! 

Ma per fortuna ci sono le nonne! La nonna Stefania la sosterrà e rassicurerà e poi un nuovo amico, Paolino le farà vedere il nuovo quartiere con occhi diversi.

Per gli adolescenti l’amicizia è importante… i luoghi sono importanti… si arrabbiano facilmente… un trasloco potrebbe essere una bomba ad orologeria da cui sarà difficile riprendersi!

Iniziate a regalare un libro in cui possano rispecchiarsi e attraverso il quale comprendere i loro sentimenti…

Per il resto leggete il prossimo articolo!!!

Adolescenza e separazione genitori

I MIEI SI SEPARANO

gestire un divorzio con un adolescente in casa

Se nell’articolo “MAMMA E PAPÀ SI SEPARANO” abbiamo visto la separazione dal punto di vista dei bambini, oggi il punto di vista, molto diverso, è quello degli adolescenti di casa…

Le regole e le modalità con cui si affrontano le diverse fasi della separazione sono le stesse, qualsiasi fascia d’età abbiano i minori di casa… perciò vale sempre: 

  • Comportarsi da adulti responsabili;
  • ricordarsi che siete e sarete sempre genitori di quel ragazzo, anche se non siete più una coppia, perciò l’obiettivo delle scelte educative deve essere vostro figlio, non un sentimento di ripicca verso l’ex partner;
  • non fingere e non mentire, che non significa raccontare tutto, per filo e per segno, dei problemi di coppia che hanno portato al divorzio, ma vuol dire che se in casa la tensione si taglia col coltello e se c’è una separazione in atto, i ragazzi hanno diritto a sapere cosa sta accadendo;
  • volgere lo sguardo oltre voi stessi e osservate i vostri figli: ricordate di non concentrarvi solo su di voi e i vostri problemi, anche i ragazzi stanno attraversando un momento difficilissimo per loro, non siate egocentrici!

Ma queste sono regole OVVIE E SCONTATE, non era nemmeno necessario che ve le ripetessi… VERO??

Perciò, cosa c’è da sapere in più, quando in casa ci sono degli adolescenti?

Gli adolescenti si sentono coinvolti direttamente e, spesso, attivamente nel processo di separazione, dalle prime avvisaglie di crisi alla costituzione del nuovo assetto familiare.

Rispetto ai più piccoli, i ragazzi sono molto più consapevoli delle dinamiche di coppia, e potrebbero farsi un’idea personale (e non sempre veritiera) su chi sia il genitore responsabile della decisione finale, e, perciò, potrebbero schierarsi con l’uno o con l’altro, privandosi dell’affetto di mamma o papà.

Inoltre spesso in presenza di bambini riusciamo ad avere un’accortezza maggiore, perché… sono bambini. Gli adolescenti, a volte, ci inducono a pensare di essere in presenza di “quasi adulti”, quindi non calibriamo bene le parole, non evitiamo sfoghi e racconti soggettivi, li trattiamo più da amici che da figli. Inoltre il loro essere “grandi” ci porta a chiedere loro di comportarsi come tali, per evitarci ulteriori problemi e grattacapo…

Quindi è INDISPENSABILE tenere a mente che NON SONO ADULTI, NON SONO DEI NOSTRI AMICI, ma NON SONO PIÙ BAMBINI… 

La separazione dei genitori, purtroppo, fa crescere molto più in fretta, perciò c’è bisogno di focalizzare continuamente l’attenzione sull’età del ragazzo che abbiamo davanti e valutare bene le nostre parole, perché le parole hanno un peso…

Permettiamo loro di vivere l’adolescenza sbagliando e facendoci preoccupare: non è colpa né responsabilità loro, né tanto meno una loro scelta se le cose tra voi non sono andate come speravate, perciò hanno diritto a vivere i loro sbagli e ad avervi accanto, così come è un vostro dovere avere la giusta attenzione nei loro confronti… siete e resterete sempre i loro genitori, comportatevi come tali!

 Prestate attenzione a:

Non svalutarvi a vicenda. 

L’adolescenza è la fase in cui si costruisce il proprio sé adulto e, nonostante quello che possono urlarvi contro, i loro adulti di riferimento siete voi, ed ogni frase che pronunciate costruisce un mattoncino della loro futura personalità… perciò ascoltare dalla mamma che il papà è un buono a nulla, oppure un traditore seriale, o un bugiardo, potrebbe minare l’autostima dei ragazzi e la fiducia nell’altro sesso nelle ragazze; così come ascoltare il papà che descrive la mamma come controllante, petulante o traditrice, potrebbe portare le ragazze a dubitare del loro diventare donna e i ragazzi a svalutare la figura femminile. Perciò non svalutate l’altro genitore, non fa bene a voi e fa molto male ai ragazzi.

Mantenete una comunicazione genitoriale attenta e civile.

 In adolescenza, si sa, si sgomita per ottenere maggiore libertà, c’è una maggiore possibilità di assumere comportamenti rischiosi, e spesso la scuola è l’ultimo dei loro problemi… se c’è uno spazio vuoto tra voi genitori sarà più probabile che perdiate il controllo della situazione: se ha un orario in cui tornare a casa, deve essere lo stesso da mamma e da papà, se avete saputo che ha preso un’insufficienza a scuola, è importante comunicarlo all’altro genitore e così via… Devono sapere comunque di avere una rete solida e contenitiva intorno, senza buchi comunicativi.

Le regole restano.

 Non abbandonate le regole prefissate perché “stanno vivendo un periodo difficile”, o peggio per fare in modo che scelga di restare a casa del genitore più permissivo. Le regole sono importanti per la crescita sana e per la loro sicurezza, tenetelo sempre a mente.

Il rispetto sempre e comunque. 

Non permettete che al primo litigio vi urli contro frasi che riguardano aspetti della separazione che vi feriscono: se dovesse accadere restate saldi contenete l’exploit. A mente fredda farà più male a lui, e potrete parlarne meglio. Ma questa è l’età in cui devono imparare che esistono delle conseguenze alle loro parole, e che le parole sono macigni che colpiscono… e potreste essere proprio voi e proprio questa occasione dolorosa ad insegnarglielo. Raccontate loro che vi siete sentite feriti dalle sue parole e dite con fermezza che non tollererete altre mancanze di rispetto simili, se lo ritenere opportuno potrete decidere una punizione. Ricordate però che se esigete rispetto dovrete dare rispetto: rispetto tra voi genitori ma anche rispetto per la sofferenza e per il disagio che sta provando in questo momento.

La routine, i luoghi e le amicizie sono vitali in questa fase: tenetene conto.

 Gli adolescenti sono radicati al territorio, hanno i loro amici, che vedono dopo scuola, hanno i loro luoghi di ritrovo e i loro tempi, perciò potrebbero prendere molto male il dover passare il week end dall’altra parte della città… non prendetela sul personale, piuttosto fate voi dei sacrifici se volete passare del tempo con loro. Se possibile, scegliete la nuova casa vicino a quella in cui risiederà il ragazzo prevalentemente; predisponete i vostri incontri concordandoli con i ragazzi, in modo che non si sovrappongano ad amici e hobby; fate in modo che anche nella casa in cui passa minor tempo abbia il suo spazio privato, i suoi devices e tutto quello che gli servirà per considerare anche quella “casa sua”.

Parlate con loro. 

Parlate francamente, raccontate che siete dispiaciuti per quello che sta accadendo e scusatevi per il periodo che stanno attraversando. Non è uno sfogo, e non è necessario raccontare gli sbagli del partner e nemmeno i propri per filo e per segno… Tenete a mente l’obiettivo di ogni vostra frase. Con le vostre parole potreste evitare che siano spaventati dall’avere una relazione in futuro, che soffrano in silenzio nella loro stanza, potreste restituire loro la figura materna o paterna che hanno messo in dubbio. Le vostre parole sono potenti perciò pensate sempre prima di pronunciarle.

Ascoltateli.

Ascoltate le loro emozioni, la loro rabbia, la loro tristezza… ma ascoltate anche i loro silenzi e osservate i loro comportamenti… Spesso durante una separazione i genitori sono travolti dalle loro emozioni, dagli avvenimenti e dalle questioni burocratiche, pratiche e legali… e, a volte, perdono di vista i figli. Fate in modo che ciò non accada.

Chiedete aiuto.

Ultimo punto, ma non per importanza riguarda proprio il saper chiedere aiuto. Per voi, per i vostri figli, per avere uno sguardo diverso… è un momento molto difficile per una famiglia, intervenire per tempo aiuterà tutti, e specialmente i ragazzi, ad affrontare la rabbia e il dolore e la paura senza ripercussioni sul loro futuro. Se notate problemi a scuola o una differenza di comportamenti, o se sentite di aver bisogno di un sostegno per affrontare questa nuova genitorialità post separazione, non aspettate troppo e chiedete aiuto, riceverete gli strumenti per ritrovare un equilibrio nuovo… 

Bambini e separazione genitori

È accaduto quello che non avreste voluto e forse nemmeno immaginato, non andate proprio più d’accordo, in alcuni casi, non sopportate nemmeno più l’idea di condividere lo stesso tetto… avete deciso di separarvi, anche “per il bene dei vostri figli”… 

Il secondo ricordo tra I RICORDI DEI BAMBINI che affrontiamo e che, purtroppo, resta indelebile nella psiche è proprio la separazione dei genitori.

Ma che vuol dire? Come comunicarlo? Come fare per evitare sofferenze ulteriori ai bimbi di casa?

Vi avranno detto in molti che quello che più è dannoso per i bambini non è la separazione in sé, ma il conflitto che precede o segue la separazione… c’è del vero in questo, ma è anche un po’ semplicistico…

Primo assunto di base è che la separazione fa soffrire i bambini.

Non passa inosservato, non è un avvenimento che prima o poi dimenticheranno, non è vero che sono troppo piccoli per rendersene conto… stanno soffrendo e negarlo o minimizzarlo è il primo grave errore che potreste fare… 

Alessandro D’Avenia scrive “Hai mai guardato negli occhi un bambino con i genitori separati o senza uno dei due? È come se fosse un po’ più grande. Un po’ più grande dei grandi”…

È proprio così, avviene all’improvviso uno scatto di crescita importante, che comporta uno sguardo diverso sul mondo… Spesso sentirete la frase “sono figlia di separati”, “sai, i miei sono separati”… è un evento connotativo come avere occhi azzurri o capelli neri, ti definisce perché ti differenzia.

Quindi non è un evento che fa il bene dei figli…

MA… è restare insieme per finta o per evitare che i bambini soffrano, quando la coppia non c’è più, può fare, se possibile, ancora più male ai figli… perciò la frase “per il bene dei figli” va letta con la profondità che merita.

Il secondo punto

che è importante tenere bene a mente è che non potrete fingere! Spesso i bambini comprendono che c’è qualcosa che non va prima di voi, a volte, una domanda come “Ho paura che vi lasciate” viene fatta quando il clima in casa è teso e i piccoli di casa hanno già percepito la crisi (N.B. ricordate anche che altre volte è una domanda che ha a che fare con i genitori di un amichetto che hanno divorziato e sono solo alla ricerca di rassicurazione). 

I bambini non badano troppo alle parole, ma sono attentissimi ai toni, ai comportamenti, agli sguardi… perciò fingere di chiedere “mi passi il sale a tavola”, con un tono mesto, sprezzante, rabbioso, senza guardarvi negli occhi, non sarà sufficiente a nascondere il litigio appena avvenuto… differentemente, una cena un po’ disordinata, una mollica di pane lanciata per gioco tra mamma e papà, una risata e uno sguardo complice, senza nemmeno pronunciare una parola, sapranno comunicare ai bambini coesione, sicurezza, fiducia e intimità… 

Perciò non mentite a loro e non mentite a voi stessi: quando vi rendete conto che le cose non vanno prendetevi del tempo, lontano dai bambini, e chiarite, litigate e decidete… poi concordate insieme come comunicarlo ai più piccoli. 

Prima della separazione effettiva,

evitate liti violente in presenza dei bambini, evitate di farvi consolare da loro, non cercate in loro complicità contro l’altro genitore… non è questo il loro ruolo! Piuttosto cercate sostegno in amici e parenti, coinvolgeteli nel dare un po’ di serenità ai piccoli… Siete voi gli adulti, comportatevi come tali!

Spesso perderete la lucidità mentale, siete troppo arrabbiati e tristi e delusi per agire con razionalità, ma fermatevi un secondo e pensate che potrete aver perso la complicità di coppia, ma è importante che manteniate un confronto aperto, sincero e leale come genitori… i bambini meritano delle scelte educative pensate per il loro benessere: non c’è spazio per rancori e vendette!

Se i bambini assistono a dei conflitti, quando vi sarete calmati, fate un respiro profondo e poi parlate con loro, spiegate quello che è successo, scusatevi per aver alzato un po’ i toni, chiedete se si sono spaventati, se sono arrabbiati o tristi, accogliete le loro emozioni e rassicurateli: vi impegnerete perché non accada di nuovo… 

Come comunicare la separazione imminente?

Premetto che non c’è un modo “bello” per dare una notizia così brutta per i bambini: è paragonabile ad un lutto per tutti, perciò non cercate di trovare parole edulcorate e finte per dire ai bambini “Mamma e papà si separano”. Date il giusto peso alla notizia, ditegli che è una brutta notizia, e che probabilmente lo renderà un po’ triste o un po’ arrabbiato. 

Per prima cosa il luogo:

NON in cameretta. È importante non connotare il loro spazio come un posto negativo in cui si è ricevuta una notizia molto brutta, ed è inoltre molto importante che abbiano a disposizione uno spazio privato in cui ritirarsi dopo la notizia se sono molto arrabbiati o tristi e se vogliono restare un po’ soli (specie per i bimbi più grandi).

Il modo:

fate in modo di comunicarlo insieme, in modo che vi percepisca d’accordo, che senta che un genitore confermi le decisioni dell’altro, (anche se uno dei due non è d’accordo con la separazione, fate un passo indietro come ex amanti e fate un passo avanti come genitori: di fatto vi state separando e dovrete essere d’accordo sul comunicarlo ai figli!). Fate attenzione al non verbale, non aiuterà nessuno alzare gli occhi al cielo, far capire che la decisione è stata presa solo da un partner e l’altro l’ha subita… Alimenterebbe finte e dannose speranze di riconciliazione nella mente del piccolo. Prendetegli le mani, sedevi accanto a lui e usate un tono affettuoso che gli faccia capire che l’amore tra voi può essere finito, ma l’amore verso di lui non è stato minimamente scalfito!

Cosa dire:

a seconda delle età potreste aiutarvi con un libro, (ve ne parlo qui MI LEGGI UN LIBRO?), potrete dirgli che mamma e papà non si vogliono più bene come due fidanzati, ma come due genitori di un bellissimo bambino, che non abiteranno più insieme, che la famiglia sta cambiando forma, ma sarà sempre la sua famiglia. Comunicate in modo chiaro che nessun comportamento del bambino ha inciso sulla separazione né potrebbe farvi riconciliare. Come vi dicevo i bambini sono molto concreti e logici, potrebbero aver assistito ad un vostro litigio su chi doveva accompagnarlo a nuoto e quindi pensare che il suo nuoto vi ha fatto divorziare: siate chiari e semplici nella comunicazione!

Praticità:

La sua routine cambierà, raccontategliela! Un genitore resterà in quella casa e l’altro cercherà un nuovo spazio(vedi punto successivo); vedrà l’altro genitore e andrà a dormire con lui(non occorre che diciate ogni quanto e quali festività vi siete divisi, queste tempistiche lasciatele nella stanza degli avvocati, per i bambini sono tempi troppi dilatati e incomprensibili); Non ci sarà più la serata pizza in famiglia (o qualsiasi altra routine familiare abbiate), ma che ci sarà la domenica masterchef col papà o il sabato di laboratorio di pittura con la mamma (scegliete esaltando quello che piace più a ciascuno di voi)… Avrà due feste di compleanno e probabilmente due feste di Natale… La routine diversa vi serve per rendere concreta la notizia, ma anche per rendere il bambino parte attiva e non solo passiva della decisione, perciò proponetegli le attività con affetto e con tutta la gioia che riuscirete a pescare in voi stessi in questo periodo… Ricordate sempre che l’obiettivo finale è migliorare la vita di tutti, dato che insieme non si riusciva più a trovare gioia!

Ascoltate e aspettate le sue domande:

Create un clima rilassato in cui il bambino si senta libero di chiedere quello che vuole, se è colpa sua, se non tornerete mai più insieme, se a casa di papà potrà portare il suo orsetto della nanna, chi lo accompagnerà a nuoto, a calcio o a scuola… qualsiasi cosa vi chiederà rispondetegli con chiarezza, semplicità e affetto.

Due case…

Una volta che la separazione è effettiva, uno dei due genitori dovrà andare a vivere in una casa diversa, a seconda dell’età del bambino, potreste coinvolgerlo nella ricerca e nella scelta, potrete comunicargli che spesso dormirà con voi nel nuovo appartamento, perciò è importante per voi che piaccia anche a lui e che ci sia uno spazio anche per lui… poi, insieme al bambino, allestirete la sua stanzetta o il suo spazio, diverso da quello dell’altro genitore.

I bambini sono molto concreti e logici, se il papà va via di casa, facilmente lo immagineranno al freddo a dormire per strada: è importante che vi sappia al caldo in un luogo confortevole, ed è importante che veda con i suoi occhi che è previsto uno spazio per lui nella vostra nuova vita… 

Dopo la separazione

Siete separati, il bambino ha visto le due case, le due camerette, ha già sperimentato le nuove routine… adesso è importante…

 Che non ci siano grossi cambiamenti di programma: se sa che il venerdì la mamma lo prenderà da scuola, ci rimarrà molto molto male se dovesse trovare il papà! Se ci dovesse essere un cambio di programma fateglielo sapere per tempo e spiegategli il motivo… sta facendo un’enorme fatica per adattarsi al nuovo assetto, non scombinate i suoi piani!

Fate molta attenzione qualora vi rendiate conto che il bambino o la bambina stanno cercando di ricoprire il ruolo di nuovo compagno per mamma o nuova compagna per papà: non è il loro compito, ed è importante che continuino a fare i figli! Evitate frasi come “mi basta avere te come fidanzato di mamma”, “la fidanzatina di papà”, o peggio, chiedere voi ai vostri figli di dormire insieme perché non siete abituati a dormire da soli… Ripeto: fate gli adulti della situazione, perché non ce ne sono altri!!!

nuovi partner…

Che i nuovi partner siano presentati ed entrino nella vita del bambino solo quando sarà passato del tempo dalla definizione del nuovo equilibrio familiare, ed anche dopo questo tempo, agite con calma e delicatezza e il più possibile in accordo con l’altro genitore!!!

Che un genitore non metta il figlio contro l’altro genitore, o che gli faccia l’interrogatorio per conoscere la nuova vita dell’ex partner, né che diventi il sostituto del genitore che non abita più lì! Se sentite di avere l’umore basso, o di avere dei temi irrisolti rispetto all’ex partner o alla separazione fatevi aiutare…. È importante che ognuno dei due genitori abbia delle amicizie o dei parenti non giudicanti e di sostegno in questo difficile passaggio… e che i bambini continuino a vedere le figure parentali che frequentavano anche prima della separazione. Se tutto ciò non dovesse bastarvi rivolgetevi ad un professionista, senza vergogna e senza esitazione… aiuterà tutti!

Che le rispettive famiglie non esplicitino rancori o giudizi verso l’altro genitore di fronte ai bambini… il vostro compito di genitori resta quello di proteggerli e prendervi cura di loro, anche dai parenti più ottusi!

Un’ultima e importante precisazione:

Spesso quando ci sentiamo insicuri o infelici, torniamo ad un periodo precedente in cui ci siamo sentiti più sereni e accuditi, abbiamo una regressione. Per i bambini questo è ancor più vero! Potrebbe tornare a fare la pipì a letto, a voler dormire con voi, a ciucciarsi il pollice o ad avere capricci e pianti disperati… aiutateli a comprendere cosa sentono e ad esprimerlo al meglio… rassicurateli e accogliete queste regressioni… per un tempo congruo però! Se dopo sei mesi o addirittura un anno dalla separazione vuole ancora dormire nel lettone o fa la pipì a letto o ha altri comportamenti che non mostrava pre separazione, non esitate a contattare un professionista… prima affronterete il problema prima il bambino elaborerà il lutto della coppia genitoriale insieme e felice!

Adolescenza: fratelli e sorelle

ADOLESCENTI ISTRUZIONI PER L’USOFRATELLI E SORELLE

Abbiamo già affrontato nell’articolo “QUANDO NASCE UN FRATELLINO” come gestire il rapporto tra fratelli già dagli albori della gravidanza, ma cosa succede quando arriva l’adolescenza?

Probabilmente solo una piccolissima percentuale di adolescenti avrebbe scelto suo fratello come amico se fossero stati separati alla nascita… 

Questo è il primo importante punto che i genitori devono avere sempre in mente: non è detto che avere gli stessi geni, la stessa famiglia o vivere nella stessa casa fa di due persone due amici, né due complici, né due persone che collaboreranno pacificamente… ne fa solo due fratelli o sorelle…

Perciò non usate frasi come “dovete andare d’accordo perché siete fratelli” non c’è nulla di più falso o più pretenzioso. 

Sono nati in due momenti familiari diversi; gli stessi genitori sono sicuramente cambiati, più consapevoli e rilassati con il secondo figlio e più inesperti e ansiosi con il primo, probabilmente; il ruolo, universalmente riconosciuto, di primogenito o secondogenito, comporta aspettative diverse e relazioni differenti; per non parlare delle differenti percezioni che si hanno se i fratelli non sono dello stesso sesso… insomma le variabili sono molteplici, a volte sono vissuti in case diverse, a volte il primo figlio ha goduto di una famiglia unita che il secondo non ha nemmeno avuto il tempo di vedere, oppure il primo ha sentito i nonni partecipi nella sua educazione e i secondo non li ha nemmeno conosciuti… 

Come pretendere che le storie così diverse creino due persone uguali?

Non è un caso che fin dalla notte dei tempi, in ogni cultura ci siano storie e leggende su conflitti tra fratelli, anche brutali, da Caino e Abele, a Romolo e Remo e così via fio ai nostri giorni… 

Spesso le leggende mettono in evidenza e amplificano quello che è nascosto in ogni fratello e sorella: la rivalità!

Dalla nascita di un secondogenito in poi c’è un rivale con cui si sente di dover lottare per l’ambito premio: le attenzioni esclusive e l’amore illimitato di mamma e papà. 

Certo, per fortuna, i casi di violenza agita sono sporadici, ma una certa dose di aggressività esiste sin dall’infanzia. 

Cosa fare quindi?

Prima di tutto non aspettarsi il contrario, riconoscere che può esistere la gelosia, la rivalità e una certa dose di diffidenza tra i figli è il primo passo per pacificarsi come genitori: non avete fatto nulla di sbagliato, è la natura delle cose…

Detto ciò ci sono piccole grandi azioni che permetteranno alla famiglia di vivere un po’ più serenamente.

Non ruolizzate più del dovuto

Le famiglie ruolizzano, si sa, “il grande è più forte”, “il piccolo sa il fatto suo, è più furbo”, “il maggiore è più responsabile”, “la seconda è più sbadata”, e così via… piano piano queste frasi definiscono dei caratteri da cui difficilmente si può venir fuori. Quindi il fratello più forte difficilmente sentirà di poter mostrare delle fragilità, oppure il piccolo che sa il fatto suo difficilmente potrà mostrare le sue qualità alla luce del sole, senza furbizia, o il più responsabile sentirà di non poter venir meno ai suoi doveri, a costo di metter da parte le sue passioni o il suo divertimento, la più sbadata non sentirà mai di poter prendersi l’impegno della sua vita, riuscendo ad emergere… Riflettete: che ruolo hanno i diversi figli nella vostra famiglia? Quindi cercate di portare alla luce “la parte nascosta della luna”, concedete dei momenti di debolezza a chi mostra solo forza, affidate una responsabilità e fidatevi di chi è più sbadato, allo stesso tempo sgravate il più responsabile dal peso dei suoi doveri…

Non esiste un figlio più problematico dell’altro

Per ogni su c’è sempre un giù… per ogni men c’è sempre un più. Così cantava Mago Merlino nel film La spada nella roccia… Per ogni figlio definito problematico ci sono due genitori che danno molte meno attenzioni all’altro figlio; per ogni figlio con reali e diagnosticati problemi fisici o genetici, c’è un fratello che ha imparato molto (forse troppo) presto a prendersi cura degli altri, a chiudere un occhio su qualche ingiustizia, a evitare il più possibile di chiedere… è difficile, lo so, ma cercate il più possibile di dare le giuste attenzioni anche all’altro figlio, quello che sembra non dare mai problemi, quello che, dal punto di vista medico, è più fortunato perché non ha nessuna diagnosi; qualche volta il papà può occuparsi di un fratello e la mamma può concedere uno spazio e un tempo dedicato solo all’altro; qualche volta al figlio che ha imparato a curare se stesso e anche suo fratello può essere concessa una gratificazione in più, riconoscendo gli sforzi e premiando le sue capacità. I figli spesso sono due facce della stessa moneta, non occupatevi solo della faccia più esposta…

Non intervenite al primo grido

Litigano, si tirano calci e pugni o capelli… si strappano vestiti, si sentono porte sbattute e urla… difficile lasciar perdere, ma cercate di farlo fino al punto massimo di tolleranza. Quando ci sono queste scene in casa dovete immaginare quei documentari di Quark in cui i cuccioli di leone nella savana si rotolano, si mordono, si azzuffano, spesso c’è del sangue in quelle scene, ringhiano e mostrano i canini appena spuntati, non sono dei battibecchi carini e teneri tra peluches! Così come i cuccioli di leone, i vostri figli stanno definendo il loro spazio nel mondo, stanno prendendo le misure del proprio corpo, di quanto la loro aggressività può essere agita nella realtà senza gravi conseguenze: l’importanza principale dei fratelli è proprio l’opportunità di percepirsi potenzialmente aggressivi e di comprendere dove e quando fermarsi. Se intervenite al primo urlo, non saprete mai la prossima volta, in cui magari non sarete presenti, se sapranno fermarsi in tempo… Potreste difendere uno dei due, che potrebbe imparare che nella vita non può farcela da solo, avrà bisogno di essere difeso sempre, oppure l’altro potrà percepirsi come “cattivo” ma molto più potente dell’altro… insomma intervenendo sporcate un equilibrio che ha bisogno di definirsi da solo per poter diventare sempre più stabile.

Create spazi diversi e tempi diversi per persone diverse

Non è necessario avere due stanze, basta una striscia di nastro adesivo e due colori di parete differenti e un paravento per definire e separare i due mondi. Non è indispensabile che entrambi abbiano l’opportunità di fare sport, se uno dei due ama giocare a scacchi nel tempo libero… Concedete attenzioni diverse per le varie esigenze… Non sempre la frase “ho fatto le cose uguali” ha senso se si parla di fratelli… ci saranno periodi e momenti in cui uno dei due avrà bisogno di più attenzioni e di più sostegno, cambierà e la prossima volta toccherà all’altro godere di maggiore presenza… l’importante è non far diventare un periodo passeggero la regola che definisce un figlio o un altro.

Insegnate il rispetto

Non devono volersi bene, non devono essere complici, non devono condividere attività o spazi privati, ma devono portare il giusto rispetto all’altro! Bloccate sul nascere frasi particolarmente aggressive e sleali; se uno dei due sta studiando l’altro non potrà ascoltare la musica a tutto volume; non saranno amici, ma sono coinquilini… perciò scrivete insieme a loro poche semplici regole su cui non sarà consentito chiudere un occhio… 

Abbiate pazienza

È vero, non si sono scelti, sono diversi e non è scritto da nessuna parte che si ameranno, ma col tempo impareranno ad apprezzare l’idea che hanno le stesse radici, hanno condiviso delle esperienze affini, che hanno avuto un tempo in cui si sono nutriti alla stessa tavola. C’è una sorta di patto implicito: se uno dei due vacilla difficilmente l’altro lo lascerà cadere senza nemmeno voltarsi… puntate su questo, è l’unico obiettivo realistico che potrete raggiungere….