Qualche giorno fa un ragazzo, poco più che quattordicenne, mi ha detto di aver voglia di provare cose nuove…
Complice l’inizio della primavera, un bel po’ di ormoni in circolo e un ritrovato senso di benessere dopo un bel pezzo di terapia, aveva di nuovo voglia di fare quello che sapeva fare meglio prima di un po’ di avvenimenti funesti: l’adolescente!
Naturalmente questo mi ha fatto sentire grata e felice per il suo percorso, ma poi ho pensato, mentre provava ad immaginare a voce alta quello che avrebbe provato volentieri, che c’era ben poco di fattibile, causa restrizioni COVID…
Se qualcuno avesse detto alla me quattordicenne di uscire il meno possibile, di evitare baci e abbracci con le mie amiche di allora, di scambiarsi i vestiti, di assaggiare per la prima volta una birra dalla bottiglia del tipo figo del gruppo… se mi avessero detto che non c’erano bar, negozi, nemmeno una gelateria aperti… se mi avessero detto che avrei studiato da casa, insieme a mia sorella più piccola nell’altra stanza e senza incontrare gli altri davanti scuola o fermarsi all’uscita per un po’ (l’unica cosa meravigliosa del liceo)…
Ecco probabilmente sarei stata talmente arrabbiata da rompere svariati oggetti e porte in casa, avrei messo la musica così ad alto volume che si sarebbero lamentati i vicini tutti e i vicini dei vicini…
Ma con i se e con i ma non si dovrebbe mai ragionare…
Di fatto tutto ciò è successo, e sta continuando ad accadere… i ragazzi sono in casa, oppure escono con le mille limitazioni del momento….
Sono bravi, più di quanto immaginiamo noi adulti… Quando ci indigniamo per il gruppetto di ragazzi nel parco sotto casa senza mascherina (l’ho fatto anch’io, ammetto) dovremmo pensare, nei cinque secondi successivi, che alla stessa età abbiamo forse provato a fumare, o siamo saliti su qualche motorino di troppo, o abbiamo attraversato la strada con il walkman (si esisteva questo strano oggetto!) a tutto volume, o chissà in che altro modo ci siamo messi in pericolo…
Certo, compito dei genitori è ricordare sempre di tenere su la mascherina, di rispettare regole e divieti, e di limitare le uscite allo stretto necessario… e di riprenderli se ci accorgiamo che non lo fanno!
MA è altrettanto compito dei genitori, e di tutti gli adulti di una comunità, stupirsi e, perché no, indignarsi per quei ragazzi che sono contenti di stare chiusi in casa, che sono rassegnati alla DAD, che, anzi sono contenti e rassicurati dal non andare a scuola in presenza… PURTROPPO SONO MOLTI DI PIÙ…
Non sto negando l’esistenza del virus, né tanto meno dire che le regole sono ingiuste o esagerate, anzi… è un nemico orribile che si combatte con queste regole…
Ma nella sua ingiustizia ci dovrebbe indurre a riflettere, a ripensare a cosa c’è stato di sbagliato nella scuola, nel mondo adulto, nel modo con cui tutti noi guardiamo gli adolescenti…
Forse la scuola si è piano piano sbilanciata verso il lato prestazionale, lasciando perdere l’attenzione alle relazioni e al rispetto dei tempi di ciascuno studente. Questo ha generato ansia per i voti e i compiti e le interrogazioni, dimenticando la parte umana dell’educazione.
Forse in casa abbiamo dato poco spazio al contatto emotivo, anche se adesso ci lamentiamo solo dell’impossibilità del contatto fisico…
A quanto pare le condizioni per la scuola in presenza non ci sono ancora e l’unico modo di fare scuola è la DAD, perciò i ragazzi devono attenersi a questa modalità…
Ma chiediamo loro come la stanno vivendo, e, se dovessero dirvi che quasi va meglio così, abbiamo il dovere di porci delle domande, di stimolare la loro vitalità naturale, di non liberarli dalla trappola della rassegnazione…
Accettare non è rassegnarsi!
Quando accettiamo vuol dire che abbiamo esercitato un nostro potere di scelta, che abbiamo compreso che rinunciare a qualcosa adesso è necessario per una motivazione più alta e che riguarda la comunità intera.
Quando siamo rassegnati siamo passivi davanti una scelta che qualcuno ha fatto per noi e non riusciamo a vederne il senso generale.
La differenza può sembrare sottile, ma le due condizioni generano sentimenti ben diversi: il primo ci fa sperimentare potenti e autonomi e con un senso di appartenenza, il secondo ci fa soccombere sotto scelte altrui senza nemmeno comprenderle a fondo…
In adolescenza il bisogno di appartenenza è fondamentale, che si sentano parte di una comunità e, quindi, delle sue regole, è bellissimo.
Che all’interno di questa comunità sentano di poter formare un gruppo attivo di ragazzi che pretenda condizioni scolastiche più coerenti e vivibili (mi vien da dire, anche aldilà del covid…), che chieda meno profitto e più attenzione all’umanità, è meraviglioso…